Se partiamo dal presupposto che l’infanzia possiede di fatto una sua sessualità come l’adolescenza e l’età adulta, non è a caso che la sessualità del bambino posta a confronto con la genitalità dell’adulto possieda un legame di significatività e di interdipendenza.
Ricordiamo a tale proposito le osservazioni di Reich e Freud, precedentemente illustrate seppure in modo sintetico, riguardo al rapporto che si viene a costruire tra bambino e adulto. In particolare è soprattutto Reich che afferma la necessità del bambino di relazionarsi con un adulto competente, libero da nevrosi, angosce e blocchi sessuali, per poter esprimere una buona sessualità.
E’ questo principalmente il modo che permette una positiva crescita sessuale che inizia dalla nascita, percorre tappe evolutive ben definite all’interno del vissuto infantile, si ridefinisce nella pubertà-adolescenza e si ripropone, poi, da adulto nelle manifestazioni genitali e nella scelta del partner al fine di ricostituire una nuova coppia genitoriale che serve da modello di riferimento e sostegno per la crescita dei figli.
Si tratta quindi di un lungo percorso di vita che riguarda la strutturazione di atteggiamenti, di comportamenti e di pensieri nei confronti di se stessi e nel modo di percepire ed essere percepiti dagli altri, in cui la presenza di un adulto “competente” costituisce una variabile importante per l’apprendimento di modalità relazionali adattive.
In specifico non ci riferiamo, qui, alla acquisizione dell’identità sessuale, la prevalenza dell’individualità maschile o femminile, ne’ intendiamo ribadire il concetto di ruolo di genere quale manifestazione esterna dell’identità di genere, espressione di competenze, ruoli e comportamenti appresi dai modelli culturali, sociali e familiari che influenzano l’identità di genere.
Intendiamo, invece, porre l’attenzione al senso dell’identità sessuale o meglio al concetto sessuale di se’ come persona inteso come mappa simbolica alla quale ogni persona si rivolge per capire, sentire se stessa sulla base delle esperienze vissute con l’esterno e che poi esprime da adulto.
Al bambino abusato e violentato sessualmente si chiede di offrire il proprio corpo e viverlo in una relazione di tipo genitale per soddisfare desideri sessuali che, per le caratteristiche della sua crescita biologica, psicologica, affettiva e relazionale, non è ancora maturo per esprimere con consapevolezza.
Nelle violenze sessuali rivolte ai minori troviamo spesso, da una parte un adulto ritenuto maturo che però riperpetua il proprio vissuto sessuale infantile. Spesso ed in particolare nei casi di Pedofilia è questo tipo di adulto che entra in simbiosi con il bambino sino al punto di utilizzarlo sia come oggetto di piacere sessuale e sia come reazione ad un vissuto infantile ancora presente e non superato nelle sue difficoltà’ ( Freund, Kuban, 1993).
Dall’altra parte troviamo chi subisce la violenza ( il bambino) che stabilisce una relazione distorta , ambivalente, conflittuale con la propria sessualità’, danneggiando in specifico l’autostima, il bisogno naturale di essere amato, accettato e valorizzato.
Così le sofferenze fisiche, psicologiche ed emotive ( Friedrich, 1995) che il minore subisce si ripercuotono pesantemente, sia nella definizione e nell’espressione del senso dell’identità sessuale, sia nella sfera cognitiva, intellettive e nell’uso delle abilità personali come nel caso di Carla.
L’intervento legislativo in materia, punizioni od altro per chi violenta ed abusa, la psicoterapia per chi è vittima non bastano ad affrontare seriamente le conseguenze individuali e sociali degli abusi sessuali ( Castellani, 1985) .
Il recupero sociale e soggettivo, infatti, per chi abusa e per chi viene abusato diventa lungo e faticoso date le molteplici e complesse dinamiche di personalità ( Eynsek, Wilson, 1992) che entrano in gioco nella definizione del senso dell’identità sessuale.La prevenzione, invece, realizzata attraverso precoci interventi formativi ed informativi rappresenta la strategia più adeguata per affrontare il fenomeno che è indicativo del profondo disagio relazionale, emotivo, affettivo e corporeo vissuto oggi da bambini, adolescenti ed adulti.
In particolare, tra tutti i programmi sino ad ora realizzati al fine di prevenire gli abusi sessuali in particolare rivolti ai bambini, quelli di tipo formativo che coinvolgono gli adulti, insegnanti, genitori ed operatori del territorio, i minori sin dall’infanzia, all’interno di progetti di educazione alla sessualità’, sembrano essere più’ efficaci ed attendibili per affrontare alle radici il fenomeno della violenza e degli abusi sessuali, anche se i loro effetti possono con certezza essere individuati a lungo termine ( Wurtle, ).
Infatti, la sola informazione relativa alle caratteristiche degli abusi sessuali, l’indicazione dei comportamenti da assumere per la difesa e la sicurezza personale, sembrano essere di difficile assimilazione da parte degli utenti data la complessità del problema.
Invece educare ed educarsi, sin dall’infanzia, nella costituzione della coppia genitoriale e nei rapporti affettivi in famiglia , nella consapevolezza affettivo, emotiva e corporea di SE’ e dell’atro, nonché nell’apprendere potenzialità ed abilità personali nella sfera delle competenze e della stima di se’ non può che favorire un processo di crescita graduale e soddisfacente per tutti.
In particolare, invece, sono gli abusi e le violenze sessuali rivolte ai minori che pongono l’accento al bisogno dell’individuo di essere educato nella progressiva conoscenza e stima di se’, nel rapporto sereno con l’altro in specifico nella sfera affettivo-emotiva e corporea.
Le perversioni, le devianze e le disfunzioni sessuali richiedono, per essere superate e prevenute, una ristrutturazione nei modi di “ricevere amore” e “comunicare l’amore” perche’ l’amore e’ un “elemento di interesse vitale in qualsiasi epoca storica” ( Rossignoli, 19919.
A questo proposito Riech si dimostra quasi profetico quando proclama nell’essere umano la “naturale capacita’ di amare”; a Freud spetta, invece, il merito di aver individuato la salute della persona nella acquisizione ed espressione di una completa sessualita’ che va al di la’ della sola genitalita’.
In chi abusa sessualmente l’amore e’ centrato su se stesso e l’obiettivo sessuale e’ quello di soddisfare solo i propri bisogni; nel minore che subisce la violenza, l’amore assume una tonalita’ confusa e la sessualita’, che si identifica nella conoscenza del proprio corpo, nella relazione affettiva con l’adulto, nella stima e nel rispetto di se’ , si va a definire in modo ambiguo e conflittuale.
Oggi, il dialogare sulla sessualita’ causa a molti disagio; in situazioni di violenza sessuale si preferisce condannare o provare pena e commiserazione.
Trattare “la sessualita’” vuol dire porsi in modo diverso nei confronti della sessualita’ umana che non e’ solo istintualita’, genitalita’ e procreazione per il proseguo specie, bensi’ “protagonismo”di una graduale costruzione del senso dell’identita’ sessuale quale prevenzione primaria di disagi, abusi e violenze ad Essa legate.
Tratto da “La crescita nella sessualità. La corporeità, l’affettività e la socialità nell’infanzia.” Bonomi Editore – Pavia.
Dott.ssa Maria Zampiron
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa -
Ponte San Nicolò (PD) e Roma
Dott.ssa Maria Zampiron
Psicologa Psicoterapeuta Sessuologa a Ponte San Nicolò (PD) e Roma
Ordine degli Psicologi della Regione Lazio n. 4206 dal 20/12/1993
Laurea in Psicoterapia comportamentale-cognitiva
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